“La cultura è una battaglia di minoranza”

Pubblicato: 9 Maggio 2013 in Arte & Cultura, Intervista, Italiano, Video
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INTERVISTA A STEFANO BENNI

Lo scrittore italiano Stefano Benni è reduce da una tournèe in Sud America. Il due maggio è stato protagonista di una conferenza presso il Teatro Solis di Montevideo organizzata dall’Istituto Italiano di Cultura.

Benni, con una carriera ultra trentennale, è anche giornalista, sceneggiatore, poeta, drammaturgo ed umorista. Ha una produzione letteraria vastissima e variegata, a partire dal 1976 ha pubblicato più di trenta libri.

-Come è nata la sua voglia di scrivere e di raccontare?

-Io sono un montanaro, vengo dalla provincia di Bologna. In realtà da ragazzo non volevo fare lo scrittore, sognavo di diventare un calciatore. Dopo un grave infortunio al ginocchio capii che il calcio non sarebbe stato il mio destino.

Così scoprii la biblioteca del mio paese, ricordo che divorai completamente tutti i libri; quel posto mi aprì il mondo. Avevo fame di lettura.

A dire il vero ho avuto anche una seconda biblioteca molto particolare: il bar. (Bar Sport fu il titolo del primo libro pubblicato nel 1976). Si tratta del classico bar di provincia che oggi è quasi in via d’estinzione. La gente si riuniva in quel posto e si raccontavano molte storie. Alcune bellissime sulla guerra, altre più divertenti sul sesso e sulle donne. Per me dopo i libri c’era il bar. La voglia di raccontare è nata anche lì.

Come vede l’attuale situazione politica e sociale in Italia?

– Nel nostro paese è come se ci fosse una maledizione, dove viene contrarrestato ogni tentativo di cambiamento: siamo toranti indietro di dieci anni. Aspetto di vedere cosa succerà, ma attualmente sono molto preoccupato come molti d’altronde. Stiamo vivendo anche una gravissima crisi economica con effetti devastanti.

Non credo che il nuovo governo possa risolvere nessuno dei problemi dell’Italia. È un governo vecchio, vecchissimo. Soprattutto per le idee di fondo. Inoltre finchè ci sarà di mezzo Berlusconi non cambierà mai niente.

-L’attuale Esecutivo vede la partecipazione del Popolo della Libertà. Il vero vincitore delle elezioni è stato Silvio Berlusconi?

-Assolutamente sì. Berlusconi è una pietra al collo della democrazia italiana. Io lo scrivevo già trenta anni fa: mi faceva paura già dal modo in cui si era presentato. All’epoca in Italia cominciava il potere della televisione, l’arrivo di quest’uomo che non aveva niente di democratico era la cosa peggiore che ci potesse capitare.

Stiamo parlando di un signore che non ha mai chiarito il modo in cui ha iniziato la sua attività imprenditoriale: dove ha preso i soldi? Come ha fatto ad arricchirsi? Inoltre controlla il 60-70% dell’informazione. Credevo che non potesse fare niente di buono per il paese, ed effettivamente così è stato.

Sinceramente non pensavo che potesse durare così tanto, ma questo è stato reso possibile dai partiti. Nessuno ha avuto il coraggio di opporsi realmente a Berlsuconi ed al suo devastante progetto politico. È riuscito a ricattare molti ed è ancora lì: questo governo è solo l’ultima triste conferma.

-Stefano Benni è uno scrittore imparziale?

-Assolutamente no. Non credo nella neutralità. In ogni mio libro ci sono delle mie idee ed anche alcuni elementi autobiografici. Lo scrittore, inoltre, cerca di prevedere ciò che succederà. A volte ci riesce, altre volte no.

Comunque, il non prendere posizione è una scelta ben precisa che porta inevitabilmente a prendere posizione. Si tratta di un atto poco coraggioso.

-In alcuni suoi testi ha riflettuto sul significato dell’ indifferenza. Ritiene la società italiana, oggi, provi questo sentimento?

-Per una parte della popolazione sì, indubbiamente. Per fortuna, però, non tutti provano questo sentimento. Nelle ultime elezioni in Friuli il tasso di partecipazione è stato solo del 50%. C’è una grande stanchezza accompagnata da una crescente delusione. Stanchezza e delusione possono diventare indifferenza. Non tutti gli italiani sono così, ma molti cominciano a diventare indifferenti a tutto.

-Come vede il futuro dell’Italia?

– Nutro una forte speranza. Perchè non ci sono solo i partiti e le istituzioni.

Stefano Benni Intervista

Abbiamo una serie di realtà che lottano giorno dopo giorno per cambiare il paese aiutando gli altri. Penso alle associazioni di immigrati o ad Emergency, per esempio. Ci sono tanti uomini e tante donne che continuano a combattere. Non sono, appunto, indifferenti. Io spero in queste persone, non certo nei partiti, e sono certo che l’Italia tra qualche anno sarà un paese migliore.

-Lei ha dichiarato più volte di essere amico di Beppe Grillo. Che ne pensa del Movimento Cinque Stelle?

-Non sono d’accordo con le sue scelte politiche. Penso che aveva una grande occasione di trasformazione ma non so perchè l’abbia buttata via. Si è sprecata una grande occasione di cambiamento.

Onestamente avrei preferito che continuasse con un lavoro di controinformazione (che è la cosa migliore che sapeva fare). La scelta di fare politica non l’ho mai capita. All’inizio speravo che potesse portare avanti una nuova politica, invece fino ad adesso non è stato così.

La sola affermazione elettorale non basta, comunque sia è un movimento giovane, vediamo quello che potrà accadare.

Per il momento sono deluso politicamente, anche se a livello personale resto suo amico.

-Lei scrisse che la cultura è una battaglia di minoranza. Può spiegare meglio a che cosa si riferiva?

-Sì, è così. Ma si tratta di una minoranza che conta, che si fa ascoltare, che può contagiare. A volte può diventare anche maggioranza, ma una cosa è certa: la cultura non si fa per arrivare al 51%. Si fa cultura anche se si sa che i lettori non sono milioni. La si fa perchè ci è necessaria per mantenere in vita l’intelligenza, l’allegria, la voglia di disobbedire. Non la si fa per andare d’accordo con tutti. Spesso diventa una battaglia di minoranza, anche se non sempre è così.

-Lei ha scritto molto sul potere della televisione in Italia. Oggi giorno che effetti sta portando lo sviluppo della rete?

-La televisione è un medium di massa in declino. Vorrei precisare che io non sono mai stato contro il mezzo in sè, ma piuttosto non sopporto l’abuso, il buco che inghottisce tutta la cultura. In Italia la televisione ha fatto anche qualcosa di buono, penso ad esempio al ruolo svolto nell’alfabetizzazione della popolazione. Poi è diventata un’altra cosa.

Oggi viviamo in una epoca di trasformazioni interessanti dove il medium trionfante è internet. Anche qui, però, ci sono degli aspetti positivi ed altri negativi (il controllo della rete è uno di questi). Come tutte le invezioni ci vorrà del tempo per giudicare.

Stefano Benni Intervista-Con tutte le distrazioni quotidiane che subiamo, dal cellulare alla posta elettronica, come riesce a concentrarsi per scrivere?

-Mi piace essere padrone del mio tempo, in genere scrivo di notte per poi dormire di giorno. Il mio cellulare è sempre accesso, invece il computer lo spengo perchè a volte può essere una grave distrazione. Comunque il tempo per scrivere lo si trova sempre.

-A scuola la rimproveravano perchè rideva troppo. A cosa ci può servire l’umorismo?

-A scuola chi ride è considerato un disturbatore, un terrorista. Certo, se uno passasse tutto il giorno a ridere non sarebbe bello. Il comico è una grande forma di libertà, a scuola dovrebbe essere rispettato molto il senso dell’umorismo dei ragazzi, ma non sempre è così.

Il senso dell’umorismo aiuta a vivere meglio, ad arrabbiarsi di meno. A me, personalmente, mi ha aiutato molto: ridere fa bene!

-Per quello che ha potuto vedere in poco tempo che ne pensa del Sud America? Che accoglienza ha ricevuto?

-In dieci giorni non si può giudicare niente, è troppo poco tempo, anche perchè ho subito notato che l’Argentina e l‘Uruguay sono molto europee. Ammetto di aver ricevuto un’accoglienza molto calorosa dai lettori. Sinceramente non me lo aspettavo. Mi sembra che ci sia abbastanza amore per i libri.

-Ci sono alcuni autori sudamericani che ha letto con piacere?

-Sì, naturalmente. Jorge Luis Borges come poeta, poi Ernesto Sábato, Julio Cortázar e Juan Carlos Onetti. Più passano gli anni e più scopro scrittori più bravi di me!

-Da giovane si è trovato a scegliere tra la letteratura ed il calcio. Oggi segue ancora il calcio?

-Di meno rispetto al passato, lo preferivo una volta perchè oggi c’è troppa attenzione mediatica. Io sono di un’altra generazione, sono cresciuto giocando in strada. Sono, ahimè tifoso del Bologna, però si tifa per la squadra anche quando è debole.

In questo giorni in Sud America ho sentito una vera passione: qui si respira calcio.

Proprio fuori dal teatro di Montevideo, prima della conferenza,  ci sono un gruppo di bambini che giocano a calcio in strada. Stefano Benni, con un sorriso, ricorda al pubblico il suo passato.

Matteo Forciniti Spazio Italia

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